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Racconti
29-05-2007 AUTORE: Paola

Soffro ancora per i giorni dell'abbandono,
avvolta dai ricordi che le tue parole strappano violente dal mio cuore.
Soffro perché sono convinta di aver sbagliato ancora quel giorno a fuggire in quel modo.
Soffro perché non potevo fare altro.
Soffro perché in ogni parola tua sento e poi vivo,
travolta,
picchiata
e distrutta,
quello che tu hai vissuto.
Ritorna mio ciò che è tuo,
come lo è stato per tanti anni.
Rumore di ossa rotte,
i muscoli che bruciano,
trovare la forza per l'ultimo colpo di reni.
E poi un altro respiro per uscire dalla gabbia con le proprie gambe,
dicendo a tutti che va bene,
e poi crollare all'improvviso.
No,
tu non gridi,
tu non gridavi mai.
Vedo quello che hai fatto nel giorno dell'abbandono e nella mia testa suona violento l'andante sempre più forte e sempre più veloce del pianoforte di Ludovico Einaudi.
Non si staccano dai tuoi voli imprevedibili i miei occhi.
Tutti voli sbagliati e tanto ci riprovavi.
Sarai stato scemo!
Sapevo che mi cercavi.
Sarebbe cambiato qualcosa?
Magari avresti perso lo stesso,
ma,
forse,
ti saresti fatto meno male.
Meno male cosa?
Ci saremmo rifugiati in qualche posto di mare,
a guardare le onde dall'alto,
riparati solo da un ombrellone,
abbracciati senza sudare.
Dannazzione!
Devo usare le tue parole,
che restano mie,
ancora,
nonostante il vento che mi acceca ed il suono del pianoforte che continua.
Non è mai stato un peso per me coccolarti e curare le tue ferite.
Tu facevi lo stesso per me.
Non mi ha mai pesato girare di continuo e vivere creandoci ogni giorno nuove speranze.
Quante cose abbiamo fatto?
Molte più di quanto avremmo costruito continuando ad essere amanti nascosti.
Cerco giustificazioni per la confusione che mi crei.
Lo fai apposta?
Lo so che vuoi avvelenarmi a piccole dosi.
Mi hai fatto aver paura del mare?
Da quando ti ho abbandonato,
tutte le volte l'ho vissuto anestetizzata,
senza concedermi,
senza viverlo come vorrei,
come ho sempre fatto.
Dirai che è lo stesso come quando mi concedo a mio marito.
Non sento nulla,
ma lo faccio lo stesso?
C'è bisogno che me lo ricordi?!
Mentre fuggivo da te mi ripetevo che gli dovevo molto.
Mentre fuggivo da te pregavo,
imploravo
e poi piangevo affinché si potesse riprendere da quel pomeriggio d'autunno.
Ci speravo e mentivo a me stessa.
Quattro anni con te hanno lasciato troppi segni e se non è stata felicità,
gli si è avvicinata parecchio.
Parecchio,
forte,
mosso,
agitato,
infine secco
e fresco era il mare che ci concedevamo
quando per gli altri stava finendo l'ennesimo giorno di festa.
Mi lasciavo coccolare dal mare,
poi da te,
sciogliendomi i capelli e tu a slacciarmi la parte alta del costume,
anche perché quella bassa era al limite.
Le canzoni che tu sentivi quando eravamo in alto,
io le avevo nelle orecchie in quei momenti.
Per quanto ti abbia amato in modo forte da subito,
abbassare tutte le difese con te è stato lo sforzo più difficile.
Sentivo che quell'ultimo passo mi avrebbe sconvolto completamente,
l'ennesimo tatuaggio sulla mia anima.
Magari te l'avrò anche detto,che di te spaventa proprio l'imprevedibilità.
Te ne accorgi quando l'umore ti tradisce,fase up o fase down non importa.
Sottovaluti la mia memoria,
sottovaluti la grandezza dell'energia che quel sole stanco ed il mare che cambiava umore, riusciva a darmi.
Sottovaluti,
e magari lo fai apposta,
l'importanza di quelle parole tutte per me.
Sottovaluti la mia memoria.
Scesa la prima notte scrivevo tutto e tutto è ancora conservato.
Saprai renderli di nuovo miei con la stessa intensità?
Quando sono fuggita nelle mie orecchie c'era "November rain" dei Guns'n Roses.
Mentre ero sull'aereo "Living and let die" sempre dei Guns ed insieme "Goodbye" di Neja.
Ero confusa più che triste,
ma non piangevo.
Non sapevo.
Sapendo forse sarei tornata indietro.
È vero,
siamo vicini e non riusciamo ad incontrarci.
E se avessimo davvero bisogno del mare al tramonto per riprenderci
i nostri cuori?
Cambieremo ancora le nostre vite?
Dove sei?
(DA INTERNET)

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