29-05-2007 AUTORE: Paola
…… scendo le scale lentamente, lei mi precede, ho i battiti accelerati, il respiro è sempre più frenetico, le gambe stanche, eppure sono solo due piccole rampe prima di arrivare al portone perennemente aperto con il vetro rotto nella parte inferiore, cosi come era quasi sei anni fa quando salii per la prima vota a casa sua……
Appena fuori scruto il suo profilo, il naso un po’ arricciato, le labbra che si aprono e chiudono quasi in maniera impercettibile ma ritmica. Lo sguardo punta dritto al palazzo di fronte ma so che sta guardando oltre. Oltre quello che c’è dietro l’edificio, oltre quello che io posso immaginare. Deglutisce vistosamente forse per placare momentaneamente il pianto che di lì a poco sgorgherà dai suoi occhi, o forse lo fa solo per un riflesso nervoso. Vedo il movimento della sua gola che si contrae al passaggio della saliva. Si dirige verso la mia auto, quell’auto che ha prepotentemente preso il posto di quella che lei amava, quella con la quale l’ho conosciuta, quella che lei chiamava Kit, quella che ha custodito i nostri baci nascosti,, le nostre fughe d’amore i nostri piaceri più intimi.
Sarà passato poco più di un minuto da quando, ancora a casa sua, le ho chiesto cosa avesse, mi ha preso per mano e mi ha detto: “Vieni andiamo a farci un giro …..”.
Adesso sto per mettere la chiave nella toppa dell’auto e tutto diventa pesante, faticoso come se fossi immerso in un liquido vischioso, più vischioso dell’olio, quasi solido come la pece. Avverto l’odore dei pini, non avevo mai fatto caso che fosse cosi forte, la luce proveniente dal suo balcone si riflette sui finestrini della mia auto, se ci fosse qualcuno affacciato riuscirei a distinguerne la sagoma…
Giro la chiave, il rumore indica che tutte e quattro le porte sono aperte, lei senza guardarmi entra si siede e fissando il cruscotto chiude la porta, io lo faccio in maniera più lenta, intorpidita, lo abbiamo fatto centinaia di volte questo movimento ma oggi ha un sapore del tutto diverso.
Nessuno parla, faccio marcia indietro quasi senza guardare, sembra che dovessimo andare chissà dove, ma percorro solo pochi metri per poi parcheggiare lì dove per la prima volta la baciai. Spengo il motore, cerco di perdere tempo sistemando qualcosa nella tasca laterale, ho paura di ascoltare, poi tiro un sospiro e le chiedo che cosa stia succedendo. La sua voce è fioca, si fa strada pian piano nella gola strozzata dal pianto che lei cerca di reprimere ma già so che prima o poi avrà la meglio. Non riesco a capire bene quello che sta dicendo o forse non voglio, le lacrime iniziano a bagnare quel viso spesso segnato da una dermatite che non riesce a curare, una dermatite che decide senza una plausibile spiegazione di andare e tornare a far parte del suo corpo quando e come le pare, che a me personalmente non ha mai dato fastidio ma so benissimo quanto la facesse soffrire, vedo le sue labbra muoversi ma non odo alcun rumore. L’unica cosa che vedo sono gli occhi tristi pieni di lacrime e di dolore, pieni di “consapevolezza” di ciò che ero e non sono più, quella consapevolezza che io non riesco ancora a raggiungere. Quando penso che lei stia iniziando a parlare in maniera chiara mi accorgo che già da parecchio tempo mi ha detto “NON TI AMO PIÙ”.
Penso che ogni singola frase o parola abbia un posto preciso in una specifica parte del cervello e sono sicuro, adesso più che mai, che in quel momento, forse per auto difesa, la mia mente abbia collocato quel NON TI AMO PIÙ nella parte meno appropriata della mia testa, visto che solo dopo qualche tempo ho capito ciò che veramente mi aveva detto. In ogni cosa che lei faceva (o meglio che desiderava fare) ci metteva il massimo dell’impegno, il massimo del cuore e dell’anima. L’ha fatto con me, con il nostro Amore, l’ha fatto con l’università, con il teatro, lei che non aveva mai messo piede su un palco, dopo una sola sera aveva già suscitato l’invidia di persone che facevano quello di mestiere. Per essere felici si deve vivere di passione, quella passione che lei non ha più per me e che ha fatto sì che si allontanasse con la stessa determinazione che sei anni prima l’aveva portata a subire e sopportare situazioni insostenibili pur di avermi, pur di potermi amare.
Perché continuo a mettermi il deodorante nel salotto anziché nel bagno, se lei non c’è più? Le dava fastidio, un fastidio tremendo quello spray, quindi evitavo di usarlo nelle stanze dove lei era solita lavarsi e vestirsi, ma adesso non c’è più almeno qui, per me, con me…. Eppure appena entro in camera da letto la vedo lì seduta con una gamba accavallata mentre distende dolcemente le sue creme su quella pelle bianca che io ho assaggiato, accarezzato, odorato e che lei qualche volta, forse più di una volta, ha odiato fino a farne uscire il sangue….. La vedo in continuazione mentre legge il mio fumetto preferito, mentre gioca al computer, mentre si asciuga i capelli in bagno, mentre studia quei libri per me incomprensibili ma che lei legge con la leggerezza di chi la domenica sfoglia le pagine di un quotidiano; la vedo mentre si leva il reggiseno massaggiandosi energicamente i seni segnati dalla dermatite e dalla costrizione di una giornata passata all’interno di due coppe di stoffa, sento la sua voce che mi chiama con quella miriade di nomignoli pronunciati con toni infantili che spero non userà mai con nessun altro. È ancora fermamente presente nella mia casa, per strada, nelle mie orecchie, nella mia mente, in ogni posto che abbiamo frequentato e non, negli occhi delle donne che incrocio, nei loro movimenti, nelle loro carezze…. Quindi forse, mio malgrado, è meglio che continui a mettermi il deodorante in salotto.
Eppure, nonostante lei sia presente in me ogni giorno, inizio a non ricordare più quando è stata l’ultima volta che mi ha accarezzato il viso, l’ultima volta che le nostre labbra si sono toccate, l’ultima volta che mentre ero di spalle mi ha abbracciato dolcemente, l’ultima volta che abbiamo fatto l’Amore. Sì, l’Amore. Ricordo benissimo l’ultima volta che siamo stati insieme ma quello non era Amore, e nemmeno quello della settimana prima e quello ancora prima…. Chissà quando abbiamo fatto per l’ultima volta l’Amore.
Mi fa sentire strano non avvertire più i suoi piedi su di me, era quasi come un cordone ombelicale. Quando eravamo vicini, a letto o sul divano a guardare un film, lei doveva avere quel tipo di contatto, non ho mai capito perchè ma non importa saperlo adesso, non importa più…
Non so se fa più male averla persa o sapere che un giorno lei sarà di un altro, non so quanto il possesso possa prevalere sull’orgoglio o viceversa. So solo che l’ho amata, l’ho amata in maniera forse sbagliata o forse l’ho amata nell’unica maniera che conosco. Magari tutto questo avrei potuto evitarlo o avrebbe potuto evitarlo lei o meglio lo avremmo potuto evitare insieme ma è andata così, l’unica cosa di cui sono certo è che il giorno in cui non metterò più il deodorante nel salotto lei sarà veramente andata via….
Se mai mi cercherai, non farlo come amica.
(da internet)
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