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Racconti
20-11-2007 AUTORE: RussiAnnarita

La Civetta
^O^ CIVETTA ^O^
(gr. glaux – lat. noctua o ulula)
La civetta, per via del suo trasparente simbolismo -vita e visione nel buio della notte – ha rappresentato il potere di discernimento della ragione su tutto ciò che è confuso, caotico e notturno. Per tal motivo è sacra ad Atena, colei che nacque dal cervello di Zeus e, essendo la Dea arcaicamente una divinità lunare, ne rappresenta anche le caratteristiche “negative” di morte e trasformazione. In tal senso il volo o il grido della civetta era considerato di cattivo auspicio, anche se Claudio Eliano nella sua Storia degli Animali le conferisce una certa patente di nobiltà: “la civetta è un animale che esercita un fascino simile a quello delle streghe. Quando viene catturata, i primi ad essere presi da questa malìa sono i suoi stessi uccellatori. Essi, infatti, se la portano intorno, tenendola sulle spalle come la loro beniamina o addirittura, per Zeus, come portafortuna. Durante la notte essa veglia su di loro e con la voce che risuona come un magico richiamo diffonde un sottile, allettante invito agli altri uccelli e fa sì che le si posino accanto; anche di giorno si prende gioco di loro, agitando davanti a quelli esche suadenti e modificando di volta in volta l’espressione dello sguardo; essi ammutoliscono incantati, presi dal terrore, un terrore veramente grande, conseguenza delle trasformazioni a cui quella ricorre”.
La stessa Atena è chiamata “occhi di civetta” (glaucopide) e la città di Atene coniava monete con l’effigie del suo animale-totem. Il mito notturno della civetta è ricordato dalla vicenda della figlia di Demetra, Persefone, che venne rimandata negli inferi a seguito della delazione di Ascalafo (altro nome greco con cui si designava l’animale). Costui aveva infatti rivelato al Dio Ade che Persefone aveva contravvenuto al suo divieto di cibarsi, mangiando una melagrana. Tuttavia venne mutato in civetta da Demetra per avere impedito alla figlia di rivedere la luce del sole. Il significato del mito è evidente: esso vuole palesare che ciò che appartiene alla notte e al mondo dell’ombra non può partecipare anche alla vita biologica e solare; “fissando” la luna negli inferi, Ascalafo ne diviene anche il suo segnacolo, la civetta appunto. Quale Dea della Notte, di Morte e Trasformazione, la civetta è stata venerata fin dall’epoca neolitica e sono stati rinvenuti manufatti che la raffigurano fin dall’8000 a.C., tanto che Marija Gimbutas parla di Atena come di una “sopravvivenza” del culto della Dea-Civetta. La stessa divinità era nota in area mesopotamica con il nome di Lilith, “che significa barbagianni”. Le urne funerarie pre-indoeuropee erano spesso a forma di civetta; “l’angoscia della morte che noi diamo tanto per scontata non si avverte affatto in questo simbolismo”.


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